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- THE NORTH WOOD FACTORY -

PAINTING

THE ANGELS

Acquarello, carboncino e chine.

Da sempre ossessionata da figure angeliche mutilate l'arte visiva trova la sua espressione

più forte nei momenti  di cambiamento.

Esce quasi sempre di getto e si prende tutto il tempo di cui ha bisogno.

Mi chiude in una stanza e ne esco solo quando  lo sketch diventa una storia

l dipinto MR. PARK è fra i 100 selezionati a partecipare al ''Premio Vittorio Sgarbi 2021''. Sei opere sono pubblicate e recensite in sei cataloghi ad uscita mensile firmati dal Prof. Sgarbi.

RECENSIONI

RECEN DIPINTI
Quicksand by SZ.jpg
Follow me.jpg
4 The secret (you can't tell) by S_edited.jpg
1 Mr. Parkinson by S_edited.jpg
The guardian.jpg

Angeli senza ali - L’arte visiva di Stefano Zazzera

di Serena Bedini

Figure leggere, quasi immateriali, fluttuano nell’aria, come portate dal vento: si incontrano, si toccano, si prendono e si lasciano, in una danza sinuosa e incessante che le avvince in un moto continuo. Questo il motivo ricorrente delle opere di Stefano Zazzera che nascono da visioni quasi improvvise, ma talmente ineludibili da indurre l’artista a restare a lungo chiuso nel proprio studio finché non riesce a riprodurre nei minimi dettagli ciò che la sua mente gli mostra. La tecnica usata è acquarello, carboncino e chine; i colori sono tenui, le linee morbide, le forme allungate e delicate al punto che verrebbe da credere che siano della “materia di cui sono fatti i sogni”. Eppure l’iniziale impressione di fragilità che inducono viene immediatamente sostituita dalla presa di coscienza della forza estrema e dell’irriducibilità che quei corpi, tesi in sforzi muscolari, emanano. Gli abbracci che infondono energia vitale e trasmettono un senso di protezione si traducono in gesti avvolgenti e insieme travolgenti: gli arti si afferrano così saldamente da fondersi l’uno con l’altro, dando vita a nuovi esseri, nuovi organismi, in una metamorfosi costante, senza soluzione di continuità. Tuttavia, osservando con attenzione le opere di Zazzera, si nota un elemento non comune, cioè l’ambivalenza del loro significato. In effetti, se osservate da altri punti di vista, quelle stesse storie salvifiche possono apparire come la rappresentazione di momenti di sopraffazione, di resa, di sconfitta. In questa incredibile capacità di comunicare il dualismo, il doppio, l’opposizione sta il fascino dell’arte di Stefano Zazzera che unisce la perfezione degli angeli all’imperfezione degli arti amputati, la passionalità di un abbraccio all’impeto del rapimento, la liberazione da una condizione di prigionia al vincolo di nuove radici.

 

 

Quicksand (Secondogenito)

In Quicksand assistiamo a una scena di liberazione oppure a una lotta disperata per non essere sopraffatti. La figura centrale sembra estrarre le due in basso da una situazione di prigionia: lo sforzo è immane, tanto da inarcare il corpo della prima all’indietro e da indurla a sviluppare delle radici dai due arti anteriori per consentirle di restare ben salda al suolo, mentre tenta il recupero degli altri due personaggi. Tuttavia, come sempre nell’azione del salvataggio,  chi cerca di venire in soccorso mette a rischio anche se stesso e dunque, non è difficile notare come nel tentativo di liberazione la prima figura sia in una posizione precaria, quasi in procinto di perdere il proprio equilibrio, scivolando inesorabilmente nell’abisso.

Follow Me

Follow me sembra continuare  il racconto di Quicksand. Lo scenario è simile: in entrambi gli acquerelli infatti si notano due superfici rocciose in cui si trovano disposti i personaggi. Qui, nel piano più superiore, si nota la figura prima intenta al salvataggio, ora sopraffatta dalla fatica e dunque compresa nell’atto di riprendere forza, in una posizione di recupero. Le dita delle mani sono curiosamente simili a delle radici che, rispetto all’immagine di Quicksand, sembrano adesso essersi ritratte per tornare lentamente alle normali sembianze. Sul piano sottostante, le due figure che in Quicksand erano disperatamente aggrappate alla prima nel tentativo di fuoriuscire dal terreno sono qui in posizione eretta: la più alta tiene saldamente e affettuosamente  per mano la più bassa, proprio come un padre fa con il figlioletto , accompagnandolo  nei primi passi di cammino nella vita. A questa scena che induce un senso di serenità e di certezza si contrappone  un’altra cruenta e tragica, ossia la fine atroce di quanti non ce l’hanno fatta, di quanti, non essendo stati salvati, sono caduti nel baratro dove giacciono inerti.

The secret

The secret  è un’opera profondamente  dualistica e di grande forza evocativa. Il fulcro della scena è l’abbraccio tra le due figure protagoniste:  una è di un azzurro tenue, l’altra è di un grigio che va gradatamente  divenendo nero. Già la scelta cromatica porta a credere che possa trattarsi della rappresentazione del Bene e del Male o della Vita e della Morte. Si tratta quindi di un ricongiungimento o di un rapimento? È una scena di salvezza o di sopraffazione? La risposta è soggettiva ed è dentro ognuno di noi, ma quello che colpisce è la delicatezza con cui sono tracciate le figure, l’eleganza dei gesti, la leggerezza dei movimenti, accentuata quest’ultima dalla tecnica dell’acquerello.  Dall’abbraccio delle due figure si dipartono due scie di colore, una rossa, l’altra nera, come due sentimenti, opposti e collegati, come Odio e Amore. Nel complesso, quest’opera comunica una grande forza espressiva e sentimenti profondi che parlano all’interiorità di ciascuno di noi.

 

Mr Parkinson

Anche quest’opera è caratterizzata da elementi antitetici. La figura protagonista, contrariamente a quelle presenti negli altri acquerelli, è possente, pesante, eppure completamente impossibilitata a reagire: la stessa postura mostra la sua rassegnazione e il suo senso di sconfitta. Il personaggio si trova seduto in una stanza troppo stretta, dalle pareti alte e oscure, ma senza soffitto. Potrebbe dunque fuggire dall’alto, verso il cielo chiaro, ma una catena tiene l’unico arto abile che ancora abbia ancorato al suolo, mentre l’altro è mutilato. Acqua azzurra, ma irrimediabilmente macchiata del sangue dell’arto monco, copre il fondo della stanza, senza tuttavia riflettere la scena intorno, come se la figura angelica protagonista fosse immateriale ed evanescente. 

 

 

 

 

 

 

The guardian

Questa è un’opera complessa che sembra quasi rimandare alla caverna platonica e al mondo delle Idee. Il personaggio centrale è privo degli arti inferiori ed ha una strana veste fatta di lastre di metallo inchiodate tra loro. Si regge su dei trampoli e sembra stare a guardia delle macerie di un’antica costruzione, il cui riflesso si può vedere al di là di un’apertura nell’aspetto intatto che aveva in origine. Davanti ad esso un’altra figura, perfettamente in grado di muoversi e con entrambi gli arti inferiori sembra quasi una “proiezione” ideale, come se il protagonista nella sua “imperfezione” potesse vedere il riflesso di se stesso nella sua “perfezione”. Tuttavia, quello che più conta è l’angelo che con la sua veste avvolge tutta la scena: esso appare intangibile, bellissimo, ideale, ma distaccato, distante, disattento alle sorti di chi trascina nel suo volo, travolgendolo nei drappeggi della veste, soave e algida nel suo splendore. Tornano alla mente le parole del romanzo di Zazzera: “L’angelo violento e crudele, manovra le ali velocemente, e in un attimo me lo trovo qui di fianco che mi sussurra all’orecchio la verità orizzontale, nient’altro che la verità orizzontale” (p. 15)

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